venerdì, dicembre 30, 2011

La vigilia di Natale...le tradizioni (seconda parte)

Oltre al cibo, molte sono le tradizioni sociali e culturali che si rispettano ancora oggi durante la Vigilia di Natale, sebbene la nostra "civiltà" moderna sia ormai appiattita su altri temi (l'apparire, il denaro ecc.ecc) e si tenda a dimenticare le antiche usanze, senza riuscire a trasmetterle ai giovani. Ma se molte di queste non vengono più praticate, è pur sempre bello almeno ricordare come si vivevano i momenti delle feste in passato.

Innanzitutto occorre sapere che molte tradizioni sono legate all'antichità, anche il Natale stesso. La principale festività dei romani e dei pagani era infatti il giorno del Sol Invictus, cioè il giorno durante il quale si festeggiava la fine dei cicli stagionali ed il giorno più corto dell'anno. Nel nostro emisfero questa data è compresa tra il 22 ed il 24 dicembre, sebbene oggi il solstizio d'inverno sia fissato prosaicamente al 21. Dal 25 dicembre in poi infatti la luce diurna comincia ad allungarsi, favorendo cosi la rinascita del Sole, letteralmente il Natale del Sole. Fu l'imperatore Teodosio a trasmutare il Dies Natalis Sol Invicti (il giorno della nascita del sole invitto) nella principale festività dei cristiani, cioè la nascita di Gesù. Fu scelto lo stesso giorno (il 25) per non sconvolgere le abitudini del popolo e quindi far meglio accettare la nuova religione.

Tornando alla vigilia vera e propria, in Italia c'erano (come sempre!) grandi differenze tra nord e sud. Nelle regioni settentrionali la vigilia veniva passata in rigoroso digiuno, che veniva interrotto la mattina del 25 con una tazza di brodo caldo ( di gallina, ma se la famiglia poteva permetterselo ,di cappone). Il pranzo vero e proprio iniziava nel tardo pomeriggio, intorno alle cinque, e proseguiva fino a notte fonda.
Al sud invece la vigilia era quasi più festa del Natale stesso e culminava con la mezzanotte del 24, ora in cui tradizionalmente si faceva nascere Gesù. Si mangiava a non finire, ma rigorosamente di "magro" per rispettare i precetti religiosi: minestre di verdure e legumi, pesce in umido, fritto o arrosto, frittelli di verdure e l'immancabile anguilla. Questo pesce veniva quasi imposto nei periodi di vigilia o di digiuno, molto frequenti in passato (più di 150 giorni all'anno!!) ed è per questo che viene tutt'oggi considerato un pesce povero. Ma perché l'anguilla? Per via della sua somiglianza con il serpente, simbolo del Demonio. Mangiare l'anguilla voleva dire sottomettere il diavolo alla propria volontà, e quindi scacciare il male dal focolare domestico e propiziarsi un nuovo anno (un nuovo ciclo) sereno.

Altra credenza sopravvissuta fino ai nostri giorni è il tronchetto di Natale, il dolce tipico a forma di tronco d'albero. Deriva quest'usanza da un vero e proprio "ceppo" che veniva procurato dal capofamiglia e doveva bruciare nel camino dalla vigilia fino al capodanno. Essendo scomparsi man mano i camini, sostituiti da moderni impianti di riscaldamento, si é persa anche quest'abitudine ben augurante, rimasta sotto forma di dolce che ne ricorda le forme ed il colore.

C'è infine l'attesa per babbo Natale, che in linea di massima consegna i regali ai bambini intorno alla mezzanotte, orario scelto non certo a caso! In passato infatti la tavola della vigilia si doveva lasciare allestita fino a quest'ora, per invitare gli spiriti dei defunti a prenderne parte e quindi essere benevoli con la famiglia. Subito dopo la mezzanotte si sparecchiava e la tovaglia veniva "sgrullata" (sbattuta) fuori dalla finestra, per togliere, con i piccoli resti di cibo, eventuali spiriti maligni. Oggi questo rito viene utilizzato dai bambini, che preparano per babbo Natale (lo spirito buono) un bicchiere di latte con dei biscotti. Cercano così di ingraziarselo per farsi consegnare i regali richiesti. A mezzanotte , quando tutti i piccoli sono radunati in una sola stanza, il vecchietto arriva, lascia i regali sotto l'albero, e mangia lo spuntino.

Anche per i regali c'é una spiegazione che si perde nell'antichità: se oggi c'è solo una sfrenata corsa al consumismo, con bambini che ricevono anche dieci/dodici regali (genitori, nonni, zii ecc.ecc.), fino a qualche decennio fa i regali erano costituiti da arance, clementine e dolcetti fatti in casa. L'usanza di scambiarsi le "strenne" natalizie deriva dagli antichi romani, che usavano portare in dono al loro re un rametto d'albero raccolto nei boschi consacrati alla dea Strenna, la dea sabina della salute. Era un rito augurale diffuso anche nel popolo, che al posto del ramoscello portava in dono piccoli regali.


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